sabato 28 febbraio 2015

Colmic f1 spider


L F1 della Colmic è il top line da usare come lenza madre nel match fishing, sviluppato da Jacopo Falsini e il Team Colmic per la competizione e commercializzato da Colmic per soddisfare le necessità dei pescatori più esigenti. Il nome indica proprio questo passaggio, simile al trasferimento di tecnologia che avviene nell’industria automobilistica. Infatti, nell’agonismo, al pari che nella F1 vengono sviluppate le innovazioni, che poi saranno la base su cui costruire i prodotti top di gamma, appunto spider e gran turismo. Questo monofilo coniuga il polimero NXGEN con i materiali top quality usati nell’agonismo. Il risultato è il filo più indicato per match fishing e fishery. 



sabato 14 febbraio 2015

Come funziona l'ecoscandaglio

Se negli anni cinquanta e per buona parte degli anni sessanta i leggendari pescatori di mestiere riuscivano a conoscere bene i fondali marini, su cui deponevano i loro attrezzi professionali, grazie alla loro notevole esperienza, maturata in anni ed anni di duro lavoro, fortunatamente oggi, «vedere» il fondo marino non è più così impegnativo. Non è più necessario avvalersi di particolari esperienze oppure mettersi la maschera e le pinne ed immergersi nel sottocosta o, addirittura, usare come una volta un rudimentale scandaglio che era costituito da una piccola cima e da una semplice sonda di piombo sulla cui base veniva cosparso del sapone o del grasso animale per farvi aderire la sabbia o altro materiale. In questi ultimi anni sono cambiate tante cose. Con l'avvento e con l'evoluzione della tecnologia elettronica navale applicata nel campo della navigazione e della pesca, sono stati fatti veramente dei passi da gigante con l'introduzione e l'utilizzo dell'ecosonda elettronica ad ultrasuoni, meglio conosciuta come ecoscandaglio marino. Originariamente impiegato nelle ricerche idrografiche per scopi scientifici, geografici e militari, oggigiorno l'ecoscandaglio si rivela uno straordinario strumento alla portata di tutti, per la sua grande utilità nel rilevare e analizzare la batimetria dei fondali marini: dalle aree portuali a quelle costiere, e come accessorio indispensabile sia per il pescatore professionista che per quello dilettante. In aggiunta a queste peculiarità ce n'è un'altra non meno importante, da non sottovalutare: il suo costo risulta abbastanza contenuto, grazie alla diffusione e alla capillare commercializzazione cui è soggetto da quando è comparso Lsul mercato dell'accessoristica nautica a livello mondiale. È in sostanza un comune apparato elettronico, dotato di tasti e di un monitor, attraverso il quale si riesce a «leggere» il fondo marino, la sua natura, se vi sono ostacoli o bersagli che si interpongono tra la sonda, parte integrante dello strumento, ed il fondo marino stesso. Cercheremo di capirlo meglio: in tutte le parti che lo compongono, in tutte le sue funzioni e in quello che riesce a fornire, nell'evidenziare i dettagli e i particolari che oggigiorno si rivelano di importanza fondamentale per la ricerca di relitti, secche, scogliere isolate, particolari substrati e, dulcis in fundo, per i pesci!



Gli elementi primari dell'ecoscandaglio ed il suo funzionamento
Dunque l'ecoscandaglio, come qualsiasi apparato elettronico che deve mostrare un'immagine a prescindere dal sistema impiegato, si compone di tre elementi fondamentali: il trasmettitore, il ricevitore/amplificatore e il trasduttore. I primi due sono all'interno di un box che viene posizionato in genere nella plancia di guida dell'imbarcazione, mentre il trasduttore viene fissato sullo scafo e collegato al box tramite un cavo apposito. Nel momento in cui si attiva elettricamente lo strumento, il trasmettitore invia una piccola quantità di energia elettrica verso il trasduttore che, per un effetto di elettrostrizione, la commuta in impulso sonoro lanciandolo verso il fondo marino. Appena l'impulso raggiunge il fondo si produce un effetto eco ed il segnale viene rimbalzato verso l'alto ritornando al trasduttore. A questo punto avviene l'effetto inverso: sempre per elettrostrizione, succede che la eco si riconverte in energia elettrica. Nella fase di ritorno, il segnale risulterà notevolmente indebolito, ma il ricevitore dello strumento si farà carico per amplificarlo ed inviarlo al sistema di esposizione che appare sullo schermo. Ed è proprio su questo che avviene la «lettura», che è tanto più fedele, nel senso che appare più nitida, più incisa, più precisa, con un maggior potere risolutivo espresso su ogni punto tracciato, tanto più è qualitativamente valido e di conseguenza sofisticato l'apparecchio. In sintesi, il principio resta fondamentalmente quello di ottenere graficamente quello che succede sotto lo scafo della nostra imbarcazione: cosa compare sul fondo e nello strato intermedio d'acqua. Oggi, a differenza di una quindicina di anni fa, si può acquistare un ecoscandaglio decentemente valido a dei prezzi convenientissimi, grazie anche alla sfrenata concorrenzialità che sussiste sul mercato tra i vari produttori mondiali di questi strumenti, per la cui costruzione vengono impiegate le stesse tecnologie e la stessa miriade di componenti elettronici. Da ciò ne consegue che, in fondo, la differenza sostanziale tra una serie di apparati e tra un modello e l'altro è veramente minima.

Gli ecoscandagli di ieri e di oggi
Mi ricordo che verso la fine degli anni settanta, chi possedeva un ecoscandaglio tra la folta schiera dei pescatori era come un privilegiato; detenere una scatola magica per trovare i pesci, era un pò come usufruire di uno status symbol della categoria. Ma spesso e volentieri, di questi «pescatori», erano ben pochi quelli che sapevano usare questo autentico marchingegno in modo veramente ottimale.
Vuoi perché la cosiddetta «lettura grafica» era di difficile interpretazione, oppure perché il suo uso si basava su concetti, ragionamenti e, non per ultimo, sullo spirito di ricerca e di esplorazione, che richiedevano molto tempo a disposizione per essere messi in pratica, succedeva che alla fine, l'ecoscandaglio restava a far bella mostra di sé sulla plancia in posizione off, ossia spento! Di solito i pescatori di mestiere difficilmente perdevano il loro tempo prezioso alla ricerca di qualche relitto o di qualche scoglio... miracoloso! E così, molti ecoscandagli pronti per entrare in funzione, venivano usati pochissimo o sotto utilizzati mentre altri, invece, erano destinati a consumare un'infinità di rotoli di carta.
I primi apparecchi comparsi sul mercato sono stati quelli a flasher, che per mostrare l'immagine si servivano di uno schermo circolare trasparente, su cui erano disegnate le scale, e di una lampadina che vi lampeggiava nel retro. Ai flasher, sono seguiti gli scriventi, nei quali uno o più pennini elettrici hanno sostituito la lampadina, e con i quali viene segnata la carta fatta avanzare molto lentamente da un motorino. Altri, addirittura, si sono presentati, sempre sullo stesso principio di «battuta» circolare flasher-pennino, a doppia funzione: video e grafica con opzione del risparmio carta, ossia si poteva disinserire la parte grafica. Naturalmente, certi apparecchi erano a valvole, grossi, forse più di una comune scatola da scarpe, pesanti ed ingombranti, ma ebbero un notevole successo. Nel tempo, questi apparecchi hanno subìto delle modifiche e delle migliorie tecniche di non poco conto, con l'avvento dei transistor sono stati avviati i processi di miniaturizzazione che hanno consentito di ridurne notevolmente le dimensioni e di migliorarne le prestazioni sotto ogni profilo. Poi, la svolta decisiva l'ecoscandaglio l'ha avuta con la comparsa dei microprocessori e del computer, con i quali si è integrato ed è diventato l'eccellente apparecchio che conosciamo ancora oggi con le sue strabilianti prestazioni. E così, inesorabilmente nel tempo, il progresso, incalzando sotto il segno del profitto industriale, a certi apparati scriventi ne ha uniti altri: una miriade di modelli e di marche più variegate, dotati di schermi tipo video, con tubo catodico a colori, e video LCD, comunemente conosciuti come a cristalli liquidi. Poi a funzione integrata: Loran-eco-plotter, GPS-eco-plotter, ecc., ma la sostanza fondamentale è sempre stata la stessa: «vedere» nel migliore dei modi, nel modo più semplificato possibile, cosa accade in quel misterioso settore di mare che noi stiamo esplorando per la ricerca dei tanto agognati pesci.

La propagazione del suono nell'acqua e la potenza di un ecoscandaglio
È noto che il suono si propaga ottimamente nei fluidi, come nel caso dell'acqua, sotto forma di onda sonora. La stessa e identica propagazione la ottiene il nostro strumento che, tramite il trasduttore, produce l'onda sonora, generata da un impulso o emissione sonica con un processo di oscillazione, del quale un aspetto rilevante è la frequenza, che è data dal numero di onde prodotte in un secondo. Questo numero viene classificato in cicli o hertz; mille oscillazioni al secondo corrispondono ad un chilohertz.
Gli ecoscandagli a bassa frequenza lavorano mediamente sui 50 chilohertz, mentre quelli ad alta frequenza sui 200 chilohertz, ma si possono avere frequenze intermedie o decisamente diverse, come nel caso del recentissimo Humminbird 3 D che ha una frequenza di ben 455 chilohertz. L'intensità del suono, o meglio la variabile dell'ultrasuono prodotto, è strettamente dipendente dalla potenza dello strumento emittente. Questa viene misurata in watt e può essere dichiarata come potenza di picco oppure come potenza al trasduttore. Il rapporto fra potenza di picco e potenza al trasduttore è di otto a uno, cioè un apparecchio con 1.600 watt di picco dispone di 200 watt di potenza al trasduttore.

La frequenza di lavoro
Supponiamo di trovarci sempre al fatidico momento dell'acquisto: lo strumento va bene, tuttavia sussiste l'indecisione sul trasduttore. Quale frequenza scegliamo: bassa, da 50 kHz, o alta, da 200 kHz? Innanzitutto occorre fare una distinzione sull'uso dello strumento, nel senso che in funzione di una determinata pratica di pesca, è necessaria una certa lettura più o meno delimitata della porzione del fondo interessato. Farò un esempio banale ma significativo. Dunque, se nella pesca a bolentino vogliamo ricercare uno scoglio piccolo, una fossata stretta oppure un rilievo a picco, particolarmente stretto, opteremo per una sonda o trasduttore ad alta frequenza da 200 kHz a «cono stretto», con trasduttore ad alta frequenza da 8° a 20°. Se invece la porzione di fondo da leggere, per le nostre esigenze di traina, si deve estendere per logiche questioni operative, opteremo per un trasduttore a bassa frequenza da 50 kHz con un cono ad angolazione di 45°. Cerchiamo di capire questo discorso dal punto di vista tecnico, entrando nei dettagli. Come già accennato, il suono si propaga nell'acqua sotto forma di onda sonora alla velocità di circa 1.500 metri al secondo e la sua frequenza e la velocità di propagazione ne determinano la lunghezza d'onda. Un ultrasuono che ha una frequenza di 50 kHz ha in acqua un'onda di tre centimetri, mentre un ultrasuono che ha un'oscillazione di 200 kHz, nello stesso mezzo, ha una lunghezza d'onda di soli 7,5 millimetri. Questi valori sensibilizzano la risoluzione, che è in sostanza l'elemento primario con capacità di separare i bersagli l'uno vicino all'altro. Questo avviene logicamente in verticale, in quanto la quasi totalità degli apparecchi presenti sul mercato fornisce un'immagine a due dimensioni di una realtà che invece ne ha tre. Pertanto, in virtù di quanto è stato esposto, per ottenere una migliore risoluzione dei bersagli converrebbe optare per un'alta frequenza di lavoro, ossia per 200 kHz. Tuttavia, anche per l'alta frequenza esiste un rovescio della medaglia: un minore potere penetrativo del fascio di ultrasuoni, tempi di emissione decisamente più lunghi rispetto alle basse frequenze e di conseguenza, in certi casi, una discreta perdita del potere risolutivo. Comunque, a prescindere da certe finezze tecniche, senza dilungarci oltre e per non confonderci le idee, entrambe le frequenze vanno egregiamente bene per i nostri scopi alieutici.

La scelta degli ecoscandagli
Ritornando al momento dell'acquisto del nostro strumento, si pone un altro problema; con quale schermo lo sceglieremo: a colori, a cristalli liquidi oppure scrivente a carta? Analizzeremo i pro e i contro di ogni singolo strumento facendone le dovute considerazioni.
Iniziamo dagli ecoscandagli a colori. Uno schermo a colori, con le sue varie gradazioni di colore e di tonalità, si presenta come un apparato ricco di funzioni e molto valido per certi aspetti: eccellente definizione delle discriminazioni del fondo; ottimo riconoscimento dei pesci, grazie alle varie tonalità cromatiche presenti specialmente nei modelli professionali; lettura brillante nelle operazioni notturne; versatilità d'uso; possibilità di integrazione con altre funzioni e con altri sistemi tipo Loran, GPS e Videoplotter. Di contro, gli schermi a colori denotano: una scarsa visione delle immagini (specialmente se vi convergono i raggi del sole) durante l'utilizzo in ore diurne ed in questo caso gli oscuratori servono a ben poco; mancanza di elaborati e tracciati registrati su carta, su cui talvolta si rende necessaria la conservazione di particolari zone di pesca o di dettagli molto importanti. Quelli a cristalli liquidi conosciuti come LCD, sono molto versatili, come dimostra l'incredibile numero di funzioni di cui dispongono, inoltre sembrano suscettibili di ulteriori interessantissimi sviluppi. Negli ecoscandagli a cristalli, la definizione dei pesci e del fondo risulta abbastanza buona grazie al buon numero di pixell introdotti nello schermo stesso: circa duecento in verticale. Questi «quadratini» rispondono egregiamente a livello grafico per le esigenze dei pescatori sportivi. Inoltre, certi apparati si rivelano molto pratici in quanto non hanno l'inconveniente del cambio della carta e mantengono i costi molto contenuti. Di contro, gli schermi LCD dispongono di una definizione decisamente inferiore rispetto a quelli di tipo scrivente a carta e a quelli a colori; comunque le recenti tecnologie, applicate a questi strumenti, ne hanno fatto ridurre notevolmente le differenze qualitative. Gli ultimi, quelli di tipo scrivente, si uniscono a quelli a colori per la loro grande versatilità in impieghi professionali, e per certi aspetti si rivelano anche migliori, specialmente nell'evidenziare i particolari, spesso arricchiti da elevate definizioni, tutti registrati accuratamente su carta. Di contro, per gli scriventi è necessaria la periodica e noiosa sostituzione del rotolo di carta durante l'uso, che, guarda caso, spesso si rende necessaria sul più bello dell'azione di pesca. E poi, in aggiunta a questo, si denota anche una certa usura di alcuni organi meccanici interessati al trascinamento.     Comunque, a prescindere da queste problematiche che sono peraltro relative, personalmente preferisco proprio quest'ultima soluzione, visto che per anni ho «lavorato» senza problemi con apparecchi di questo tipo.

Il posizionamento del trasduttore sullo scafo
Al momento di montare il trasduttore sulla carena, per ottenere un miglior passaggio degli ultrasuoni, sarebbe opportuno forare lo scafo nella zona centro-poppa e sistemare il trasduttore all'esterno, a diretto contatto con l'acqua. Ma fare i fori in barca e specialmente sullo scafo, come sappiamo, non piace a nessuno, e poi, questa soluzione, pur sembrando la migliore, può creare degli effetti indesiderati specialmente in navigazione; si possono urtare dei relitti galleggianti con effetti talvolta deleteri, inoltre la testa del trasduttore, quando è immersa in acqua, crea un certo attrito alle velocità sostenute, e poi ancora, si può danneggiare il corpo allorquando si compiono le operazioni di varo e di alaggio.
Questo problema si risolve benissimo se la carena della nostra imbarcazione è di vetroresina e a sezione unica, e cioè deve essere esente da interposizioni varie di altro materiale, ad esempio tipo sandwich. Quindi usufruendo di una sezione in blocco unico di resina, è necessario creare al nostro trasduttore, dalla parte interna della carena, un piccolo contenitore cilindrico che deve contenere acqua o olio di vaselina.

Questo contenitore viene in genere costituito da uno spezzone di tubo in plastica o in PVC che deve essere correttamente sigillato allo scafo con resina o silicone e mantenerne il parallelismo col pelo libero dell'acqua. Un tappo di plastica filettato o di tipo a pressione, opportunamente forato al centro per il passaggio dello stelo del trasduttore, avrà poi il compito di sostenere il tutto e di evitare, a causa dei rollii, la fuoriuscita del liquido. Praticamente in questo caso, il fascio di ultrasuoni emesso dal trasduttore nel contatto diretto acqua-vetroresina-acqua o vaselina, trasmette e riceve ottimamente il segnale, ma subisce una lieve perdita di potenza di circa il 5% peraltro compensata dalla potenza dello strumento. Negli scafi in legno la sistemazione interna del trasduttore non è possibile; in quanto a causa della particolare densità e fibrosità del materiale, il segnale ne risulta fortemente compromesso. Pertanto, in questo caso, la soluzione esterna si evidenzia decisamente migliore. All'occorrenza, vengono comunque applicate delle piccole mensole a poppa che si rivelano più o meno funzionali.

Come si «legge» un monitor

Immaginiamo di andare a fare una battuta di pesca con la nostra ipotetica imbarcazione, e appena fuori dal porto, con la barca in navigazione a velocità di dislocamento, attiviamo il nostro ecoscandaglio posizionandolo in automatico. Via via che andremo verso il largo, sul monitor apparirà una linea a carattere grafico che naturalmente scenderà per evidenziarci la cosiddetta «cigliata» che sta digradando verso il fondale. Ad ogni punto registrato che comparirà dalla parte destra dello schermo, che sia esso di tipo scrivente, a cristalli liquidi (LCD) o a tubo catodico a colori, corrisponderà un valore numerico espresso in piedi o in metri, attraverso il quale verificheremo costantemente le varie profondità. L'altezza dello schermo è variabile, secondo il modello impiegato: di solito dai 10 ai 20 centimetri. Rileveremo a un certo punto una «impennata» grafica allorquando l'ultrasuono rimbalzerà su una secca, su una scogliera rocciosa, su un relitto, ecc. Il tracciato sarà tanto più marcato (in nero se scrivente o in rosso se a colori) tanto più l'eco rivelerà la solidità del bersaglio; e addirittura, sotto il grafico che visualizza il fondo, verrà riprodotta una doppia o una tripla eco; questo effetto lo otteniamo agendo sull'incremento di potenza che regola l'emissione del suono. Questa manopola o tasto è chiamato anche guadagno (sensitivity), la cui regolazione, se viene abbinata all'altro dispositivo chiamato «white line» o «grey line» (linea bianca o linea grigia), ha il potere di «staccare» i pesci o altri dettagli dal fondo. Passando sopra un banco di pesci, i segnali sullo schermo ci evidenzieranno alcune aggregazioni, come delle macchie puntiformi, che saranno tanto più dense e scure tanto più è grosso il banco di pesci rilevato. Quando il banco di pesci assume un aspetto fusiforme, sopra una secca o nelle strette vicinanze della stessa, significa con buona probabilità che un pesce predatore è situato a breve distanza. Se saremo fortunati, nel nostro passaggio, noteremo il predatore sotto forma di una V rovesciata piuttosto pronunciata. E un consiglio per gli appassionati di traina: a buon intenditor poche parole. Se la natura del fondale su cui noi stiamo scandagliando è di tipo fangoso, noteremo che l'eco sullo schermo apparirà più debole. Il segnale sarà maggiormente assorbito dal fondo e di conseguenza meno riflesso. A questo punto occorrerà incrementare ancora il guadagno per ottenere, se ce ne sono, i dettagli desiderati. Le posidonie, così come altre discriminazioni del fondo, verranno marcate in modo più o meno comprensibile a seconda della sensibilità e della qualità dello strumento usato. Ad esempio, nel modello X 16 della Lowrance, uno scrivente ad altissima definizione grafica, si notano addirittura, bene incisi, i filamenti dei «ciuffi» di posidonie a varia grandezza! Comunque, la padronanza, la pratica e la conoscenza del proprio strumento sono la risposta migliore ad ogni interrogativo che si pone per ogni fase operativa. Gli ecoscandagli attuali, da autentici computer di bordo, denotano inoltre altre funzioni importanti da sceglere nei vari menu, come l'effetto zoom di quella determinata porzione di fondo, oppure l'allarme preselezionato in un certo interstadio d'acqua per rilevare la presenza di pesci, condizione che si rivela essenziale come nel caso della pesca dei tonni. Insomma, l'ecoscandaglio ad ultrasuoni è ancora oggi, più che mai, il fedele ed insostituibile compagno del pescatore; è quella scatola magica dall'occhio attento e vigile, sempre pronta per ogni avventura a lieto fine!

giovedì 12 febbraio 2015

Colmic combat trout

La canna Colmic combat trout è una canna realizzata per la pesca della trota nei torrenti. I particolari blocchi consentono di variare la lunghezza potendola allungare o accorciare per guidare l’esca dove desiderato. Ottima rigidità e affidabilità anche nella sua lunghezza massima. Il prezzo contenuto ne fanno un attrezzo ideale per chi si vuole cimentare in questa tecnica. 

venerdì 6 febbraio 2015

Rockfishing

Si tratta di una tecnica nata originariamente in Giappone, di recente importazione in Italia, che stressa il concetto della leggerezza nella pesca a spinning in mare. Apre le porte ad una differente strategia che punta alla cattura di piccoli predatori con canne leggere, mulinelli ridotti, diametri quasi capillari ed esche siliconiche di piccole dimensioni. Lo si può praticare tutto l’anno, di giorno e di notte, sia dalle scogliere rocciose che su sabbia, nei porti o in foce canale, con mare calmo o leggermente mosso. Sarete catapultati in un nuovo pianeta che vede protagonisti i piccoli pesci con i quali abbiamo preso confidenza da bambini, ovvero ghiozzi, bavose, scorfani, piccoli saraghi, orate di taglia mignon, piccole mormore. I filosofi del Light Rock Fishing affermano che non va considerato l’aspetto culinario della cattura quanto il valore intrinseco della preda. Sono totalmente d’accordo perché non mi aspetterei mai di cucinare uno scorfano di meno di un etto con le patate! Piuttosto guarderei la sua espressione, i colori, la vivacità, l’istinto che ha avuto nell’aggredire l’esca. Il catch & release di ogni preda è una prerogativa che rispetta il pesce e l’ambiente acquatico, anche perché spesso ci capiterà di catturare prede al di sotto dei limiti consentiti per legge (misure minime). Attenti a scorfani e tracine: capiterà di pescarli a light rock fishing, pertanto munitevi di pinzetta o un boca grip per slamarli (è una scelta personale – non sono contro il boca grip ma non lo preferisco)! Il pericolo di dolorose punture è sempre dietro l'angolo. Le attrezzature. Le aziende di settore propongono in catalogo canne, mulinelli, monofili e esche specifiche per il Light Rock Fishing. Esistono due varianti, conosciute come “mebaru game” (quello che tratteremo oggi, per la pesca di piccoli pesci) e “aijing game” (sgombri, sugarelli, spigole) e differiscono solo nel peso delle esche utilizzate. Per il Mebaru Game sono preferibili canne da Light Rock Fishing in due pezzi, con vettino pieno (solid tip) o in carbonio tubolare (hollow tip). La prima, con cima in carbonio pieno, è ottima per avvertire anche le più timide tocche dei pesci con bocca piccola e carattere meno aggressivo. La seconda, con la cima classica in carbonio che tutti conosciamo, è indicata per i pesci più aggressivi, che ingoiano l’esca con voracità. L’ideale sarebbe avere due canne da Light Rock Fishing, una per pesche di finèsse al ghiozzo, bavosa, tordo, sciarrano da azione 0,5/5 grammi, l’altra per una light “spinning” alla mormora o all’orata su fondali sabbiosi da 2/10 grammi. Il mulinello da abbinare andrà dal canonico taglia 1000 per fermarsi al 2500, con una bobina ampia e buona riserva di monofilo. Considerando che non faremo chissà quali recuperi, né lanci sostenuti, potremo puntare su una linea di prodotto medio-economica. Imbobineremo un nylon o fluorocarbon evitando il trecciato perché irrigidisce tutto il sistema. Il nylon è un giusto compromesso tra prezzo e prestazioni, mentre il fluorocarbon resta la scelta per i puristi che si adegueranno a diametri dello 0,18/0,23 . Le eche. Dedico un paragrafo a parte alle due categorie principali per praticare il Light Rock Fishing. Abbiamo le soft lures e hard lures. Per soft lures si intendono artificiali siliconici che imitano piccoli gamberetti, pesce foraggio, anguilline o vermi coreani. Ne esistono di tutti i tipi e di tutte le taglie, le colorazioni sono piuttosto appariscenti e spesso sono anche “glitterate” per favorire il riflesso in acqua. Le dimensioni sono davvero minime e partono dai 2,5 cm per arrivare ai 5 cm. Vanno innescate su teste piombate da 1 a 3 grammi con ami del n°8, a seconda delle esigenze di lancio e profondità da raggiungere. I pesci ritratti in foto sono stati pescati con diverse soluzioni di soft lures siliconiche dal colore bianco al fucsia, passando per l'imitazione di un coreano (sandworm). I colori bianchi sono preferibili in condizioni di acqua chiara mentre le varianti con gradazioni più forti danno il meglio di se' con moto ondoso medio, acqua torbida e condizione di luce incerta (tramonto e alba). Alcuni modelli sono capaci di illuminarsi al buio per via della fluorescenza dei materiali e vanno trattati con una luce ad alto potenziale o infrarossi. Ricordiamoci che questi piccoli pesciolini mangiano più per curiosità e istinto predatorio che per fame. Le esche da LRF sono quasi tutte inodore e non credo che un ghiozzo indifeso voglia sbranare un worm solo per assaggiare il sapore del silicone. Solo le Berkley Gulp Sandworm e le Marukyu Power Isome hanno la caratteristica di essere scented ovvero profumate. Sono conservate all’interno un sacchetto richiudibile al cui interno è presente una sostanza ricca di aminoacidi. Quando arrivano in acqua sprigionano fragranze che risvegliano l’istinto predatorio, quasi come un verme coreano. I puristi del LRF preferiscono le soft lures inodore ma non siamo obbligati a seguire gli estremismi. A noi piace pescare e sperimentare tutto, fuori dalle mode. Split shot rig, la mia montatura preferita. Dopo aver perso decine di teste piombate, costose ed economiche, talvolta anche autocostruite, ho valutato altre soluzioni. Girovagando nel web ho scoperto una montatura diversa dal solito che mi ha colpito per l'assoluta semplicità. Lo Split Shot Rig è composto da uno spezzone di 5/10 cm con un'amo sull'estremità e un piombino a 5/10 cm dall'amo stesso. Permette di pescare appoggiando l'esca sul fondo riducendo le possibilità di incaglio. Personalmente costruisco il terminale con un amo del n°10 tipo 6315 e quasi 10 cm di monofilo Berkley Vanish dello 0,18. Collego il terminale col filo madre attraverso un nodo di sangue e ci posiziono un pallino da 1,80/2,70 grammi.Le soft lures (o soft baits - che dir si voglia) dovranno essere animate con piccoli saltelli e improvvisi strattoni, sfruttando la posizione decentrata del piombino. Per pescare così leggero e avvertire le minime tocche dei pesci, impiego una canna Daiwa In-feet Rock Fish da 2,10 metri con potenza di lancio 1/7 grammi. In abbinamento utilizzo un mulinello Daiwa Theory 3000. Per coloro che sono alle prime armi col light rock fishing, sconsiglio investimenti così esosi. Imparate con qualcosa di più economico e, se ne avrete voglia, fate il salto di qualità. Lanci, recuperi e catture. La tecnica di pesca resta comunque ancorata ai principi base dello spinning. Si lancia, si recupera e si attende la tocca del pesce al passaggio dell’artificiale. Entrando nei particolari più tecnici, c’è da dire che il Light Rock Fishing avviene a stretto contatto col fondo (non sarebbe “rock” se lo facessimo in superficie) e la testa piombata si muoverà tra alghe, sabbia, melma e rocce. Il recupero sarà lento, a zig zag, con piccoli saltelli e jerkate per stimolare l’appetito dei predatori. Non fermatevi troppo nel recuperare perché il fondale è un’insidia (forse una nota dolente) e causa spesso la perdita delle teste piombate. Potrebbero nascondersi ostacoli sommersi costituiti da anfratti, corde, rottami e tutto ciò che il mare di oggi presenta per via dell’inquinamento. E’ importante spendere due parole per la ferrata: essa è il risultato di una forza impressa per recuperare l’esca e far si che l’amo penetri nella bocca del pesce. Va tenuta a mente l’azione della canna perché se questa è formata da una cima in carbonio tubolare dovremo essere più delicati, per evitare di strappare la bocca del pesce. Se invece è una due pezzi in carbonio pieno, allora siamo facilitati e possiamo anche commettere qualche leggerezza nei primi tempi in cui faremo pratica. Conclusioni. Abituarsi al pesce grosso è come arrivare ad un punto di non ritorno. Ho provato una strana sensazione nei primi giorni di light rock fishing. Mi sono chiesto se effettivamente valesse la pena spendere soldi ed energie in una pesca che punta alla riscoperta del pesce piccolo. Ero timoroso che dietro la novità Made in Japan vi fosse una logica commerciale quasi subliminale, fatta ad hoc per incrementare le vendite nel settore mare. Una serie di catture spericolate ha svoltato la mia filosofia. Non dimenticherò mai quel ghiozzo beccato sul più bello, lungo un canalone degradante, recuperato con un worm siliconico simile al coreano. Il sorriso della foto scattata dalla mia partner trasmette la mia soddisfazione per una sorpresa davvero inaspettata. Si trattava di un ghiozzo alla vigilia di Natale. Nulla di particolare, ma pescarlo a recupero aveva un sapore diverso! La carrellata di ricordi segue con l'emozionante combattimento di uno scorfano all'imbrunire, gonfiatosi quanto un pesce palla prima di uscire fuor d'acqua. Lo scorfano! Simpatico amico quasi sconosciuto alle classiche pesce al colpo che pratico tutto l'anno. In un caldo pomeriggio di fine agosto, invece, è stato il turno di due saraghetti catturati su un fondale misto roccia-sabbia con un Berkley Gulp e un Molix Virago. Chi l'avrebbe mai detto?! Due piccole prede capaci di sviluppare un reale istinto predatorio contro l'imitazione di un vermetto. Una soddisfazione dopo l'altra permetterà di cambiare anche il vostro modo di intendere l'acqua. Scoprirete veri e propri "acquari" in zone di mare apparentemente morte. Imparerete che il mare offre sempre qualcosa e spetta a noi apprezzare ciò che ci viene donato. Provate dapprima le soft baits più elementari, di colore bianco o marrone, per passare successivamente a quelle più articolate. Il comportamento dei pesci potrebbe cambiare di zona in zona, quindi evitate anche di fossilizzarvi su uniche tecniche di recupero ed alternate uno stile "morbido" a qualcosa di aggressivo! Torneremo a parlare di Light Rock Fishing molto presto. Ora diamoci da fare!